Alla scoperta di Caltanissetta

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Caltanissetta, considerata l’ombelico della Sicilia, si trova in una vallata sormontata dai colli Sant’Anna, San Giuliano, e poggio Sant’Elia. Molti la ricordano perché è qui che nel 1868 si distillò per la prima volta il famoso amaro Averna. A partire dal 1923 a seguito della morte di Francesco Averna, l’azienda passò in mano alla moglie Anna Maria Ceresia, che guidandola negli anni difficili delle grandi guerre ne divenne un brillantissimo esempio di imprenditoria femminile.

Ma Caltanissetta racchiude tanta storia e pregiate architetture.

LA STORIA DI CALTANISSETTA

I primi abitanti furono i Sicani nel XIX sec.a.C. L’attuale città fu fondata durante il periodo islamico nel X sec. Poi, feudo dei Normanni. Nel 1405 divenne dominio dei Moncada di Paternò fino al 1812, quando assunse l’appellativo di “capitale mondiale dello zolfo” per i vasti giacimenti e l’attività estrattiva. Il nome deriva dall’arabo Qalat-an-nissan, “il castello delle donne”, come riporta il geografo arabo Idrisi. Non perché il castello fosse un harem, ma perché i contadini a causa della lontananza dalle coltivazioni, erano costretti a lunghi periodi lontani dal castello dove abitavano e  la gestione ne veniva affidata alle donne. Il castello è quello di Pietrarossa, oggi solo ruderi di torri , dove leggenda racconta che vi nacque sua maestà “il cannolo”, il dolce siciliano più famoso nel mondo. Vi si giunge attraversando il quartiere Arabo, chiamato Quartiere degli Angeli. Una città nella città, un ritrovarsi in atmosfere antiche, con i suoi vicoli stretti, lastricati, le caratteristiche case arabe con cortile interno, i dammusi.
 Il castello c’è chi lo fa risalire all’epoca greca, chi ai Sicani. Sicuramente era imponente, tra i più grandi di Sicilia, per come si vede in una ricostruzione plastica esposta a Siviglia. All’interno delle sue mura, “Murra di l’Ancili” tanti accadimenti storici. Durante il periodo aragonese vi ospitò anche tre Parlamenti generali Siciliani. Accanto, la chiesa di S. Maria degli Angeli detta “ la Vetere” del XIII sec.. Sconsacrata, vuota all’interno, con un portale normanno/svevo a sesto acuto, con fregi in arenaria. 
All’interno del quartiere anche la chiesa di San Domenico con il convento dei Domenicani. Fu la prima chiesa costruita all’arrivo dei Moncada Paternò. Al suo interno il seicentesco dipinto della Madonna del Rosario del Paladini in cui sono ritratti anche i figli del conte Francesco Moncada.  Ed ancora  la chiesa di San Francesco ed il Santuario del Signore della Città dove è conservato  il “Cristo Nero” che il Venerdi Santo viene portato, per secolare consuetudine, in processione per tutto il centro storico sotto un  baldacchino d’oro massiccio. Si tratta di un Crocifisso in legno d’ebano. Soprannominato “il Signore della città” perché Patrono fino al 1625. Trovato da due “fogliamari” – raccoglitori di verdure selvatiche – è diventato scuro per il fumo dei ceri offerti dai fedeli  nel corso dei secoli. E’ la processione più sentita in città, con migliaia di fedeli che fanno ala al passaggio, rivolgendo preghiere e  “lamintanze”.
Risalendo lungo c.so Vitt. Emanuele II, ricco di palazzi nobiliari, si arriva a piazza Garibaldi, il centro della città. In essa confluiscono e si incrociano c.so Vitt. Emanuele II e c.so Umberto I che delimitano i quattro antichi quartieri  del centro storico. Da pochi anni lastricata in basole di pietra lavica. Al centro la fontana bronzea del “Tritone” realizzata da Michele Tripisciano nel 1890. Da un lato la seicentesca Chiesa di Santa Maria “la Nova” che nel 1625 con l’apparizione di S. Michele Arcangelo al frate Giarratana e la miracolosa liberazione dalla peste, assunse anche il titolo di San  Michele , essendo questi divenuto il Patrono della città. La porta centrale è sormontata da una cornice retta da due colonne. Due campanili. La navata centrale interamente affrescata dal fiammingo Borremans nel 1720. Con una curiosità : Fra i Santi e gli Angeli degli affreschi, un curioso personaggio dalla chioma rossa e …..gli occhiali. Lungo le navate laterali la statua lignea dell’Immacolata del 1760, e quella di S. Michele del 1625, e le due state marmoree di San Gabriele e San Raffaele del 1753. Nell’abside un coro ligneo, un organo del seicento e nella cappella del S.S. Sacramento una recente ma splendida vetrata policroma. Di fronte, la chiesa di San Sebastiano. Sorta nel ‘500, fu più volte modificata. Colpisce la facciata in parte rossa ed in parte blu, su cui spicca il bianco delle finiture architettoniche, e delle colonne dai tre ordini classici, dorico, ionico,corinzio, delle bifore e delle nicchie con le statue del Biancardi.
Dall’altro lato, risalendo c.so Umberto, al culmine di una scalinata, la chiesa di S. Agata al Collegio. Un vero gioiello architettonico. La più bella della città. Costruita nel 1600 è contigua all’ex Collegio dei Gesuiti oggi biblioteca Comunale dove sono conservati manoscritti di inestimabile valore. La facciata della chiesa è un’alternanza di marmo, tufo, ed intonaco rosso. Il portale bianco del Marabitti, in contrasto con i colori della facciata. La controfacciata interna con la cantoria ed un monumentale organo, delimitata da una balaustra a colonnine in marmo. Ma è tutto l’interno un tripudio di marmi policromi, stucchi. Il soffitto affrescato si caratterizza per la tecnica del “tetto sfondato” che fa apparire la struttura ancora più alta rispetto alla realtà, dipinto con una prospettiva dal basso verso l’alto. Splendide le cappelle di Sant’Ignazio, San Nicolò, San Francesco Saverio. Dietro l’altare l’affresco del Martirio di S. Agata racchiuso in una cornice di marmo nero. Nelle nicchie laterali le settecentesche statue in marmo dell’Immacolata Concezione e S. Michele. Altre chiese e monasteri nel centro cittadino testimoniano la grandezza e la ricchezza della città ai tempi dei Moncada. Santa Croce, dove è conservato il Crocifisso della pietra. Un sasso ritrovato dai contadini nel 1660 dove è visibile un Crocifisso e da allora consacrato, e conservato come una reliquia. A pochi passi da piazza Garibaldi, percorrendo le tante stradine che la circondano si arriva al suggestivo mercato storico “Strada ‘a Foglia” Dal 1882 colorato mercato pieno di bancarelle per la vendita di prodotti alimentari e gastronomici tipici ed ortofrutta. 
Appena fuori l’abitato la più antica chiesa nissena, l’Abazia di Santo Spirito. Voluta dal Gran Conte Ruggero, fu realizzata su un antico casale arabo e consacrata nel 1153. Al suo interno un bellissimo fonte battesimale, un coro del 1877 e diversi affreschi alle pareti. Il più prezioso “il Crocifisso dello Staglio”. Vi è conservata un’urna del I secolo con le ceneri di Diadumeno,  liberto di Tito Flavio Cesare e proprietario del fondo dove fu costruita l’abazia.Tanti i musei. Il Museo Mineralogico, Paleontologico e della zolfara, il museo Diocesano, il museo d’Arte Contemporanea, ricavato nei locali sotterranei di un rifugio antiaereo della 2° guerra mondiale, ed il museo Archeologico, ricco di reperti provenienti dai vicini siti di Gibil Gabib e Sabucina a pochi chilometri dal centro storico, dove sono stati ritrovati ambienti con ceramiche, utensili, vasi, statue di divinità provenienti da insediamenti del XX sec a.C. e dal parco archeologico di Palmintelli, questo addirittura in pieno centro cittadino.
Un antico detto siciliano dice che le tre meraviglie sicule sono “u monti” (l’Etna), “u Fonti” ( la fonte Aretusa) e “u Ponti” (quello di Capodarso a Caltanissetta). La struttura originaria è del 1553. Voluto da Carlo V , come ponte  pedonale. Tra il 1842 ed il 1848 vi furono aggiunti due archi con l’allargamento per il passaggio dei carri. Distrutto nel ‘43 dai tedeschi in ritirata, fu ricostruito nel ‘44.     Intorno la Riserva naturale integrata del lago Sfondato e quella di Monte Capodarso e valle Imera meridionale. Autentici polmoni verdi al centro della Sicilia, di notevole interesse geologico ed idrologico ricche come sono di corsi d’acqua fluviali salati, stagni, laghetti. Ricchissime di flora e fauna . Visibile da tutta la città, l’antenna del radiotrasmettitore. Con i suoi 286 metri, è la struttura più alta d’Italia, posta in cima alla collina di Sant’Anna. Ormai fa parte della archeologia radiofonica e per questo acquistata dal Comune che l’ha comprata dalla Rai e conta di realizzarvi intorno un parco.

Fonte: “Sicilia poco conosciuta” – rubrica a cura di Alberto Cuccia.

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